L’ingegnere perugino che inventò l’aereo a pedali

La telefoto Ansa pubblicata dai giornali dell'epoca. Guaitini davanti all'aereo a pedali
Guaitini e il suo aereo a pedali (Foto Ansa)

Icaro? Più che un dilettante un sempliciotto sprovveduto. Leonardo Da Vinci? Un ragazzo con tanta buona volontà, che si applicava con tenacia e costanza, ma più di tanto non riuscì a fare. Giovan Battista Danti? Sì, sembrava che ce l’avesse fatta, ma il suo tentativo di volo umano era finito con una smusata contro il tetto di una casa, proprio sotto la torre dalla cui sommità s’era lanciato.

Ma poi ci provò lui, Pietro Guaitini, ingegnere perugino, dipendente del catasto, scultore e “geniale inventore”, come lo definivano i giornali di allora. Era il 1950, agosto, tempo di solleone. Ormai è fatta – annunciava l’ingegnere – l’apparecchio è pronto, ha due coppie di ali che si muovono come quelle di un uccello e per farlo muovere basta la forza di un uomo che spinga su due pedali.
La spiegazione era “semplice”: l’uomo sviluppa una potenza di 0,3 cavalli vapore, il che sembra poco, ma è quanto bastava per far volare il “coso” inventato dallo scultore–ingegnere del catasto di Perugia. Le ali, ovviamente,erano battenti e la loro apertura era di una decina di metri; c’era una fusoliera di circa venti metri. Un “coso” gigantesco, eppure così leggero che – parola d’inventore geniale – la forza di un uomo bastava a farlo volare.
Come funzionava?«L’apparecchio è azionato dall’uomo premendo su due pedaliere a bilico che, mediante un sistema di leve e puntoni mobili, collegati con cerniere speciali a doppio snodo, trasmettono alle quattro ali i movimenti simili a quelli dell’uccello (sic!). La struttura delle cerniere è tale da conferire alle ali ampia libertà di flessione, tanto in alzata che in calata. Le due coppie di ali si muovono in discordanza, poiché mentre quella anteriore si alza, la posteriore si abbassa e viceversa. L’abbassarsi di una coppia, anzi, coopera all’innalzarsi dell’altra. Il gruppo propulsore è genialissimo e tale da ottenere dall’ala battente il massimo rendimento». Semplice, no? Anche se… Qual è quell’uccello che ha quattro ali? Comunque la genialità dell’ingegnere–scultore resta intatta. Comprovata da altre sue invenzioni: un compressorino che, applicato alla bicicletta, consente un rapido e comodo gonfiaggio delle ruote (altro che la pompetta) e una macchina automatica per il taglio dei mattoni.
Roba d’indubbia utilità. Invenzioni preparatorie, di allenamento, diciamo. Che hanno portato all’ideazione dell’apparecchio–uccello.Il prototipo lanciato (ma solo a livello mediatico) aveva un progenitore. Anni prima, lavorando in una fabbrica di terrecotte a Marsciano, l’ingegnere aveva costruito, proprio lì, un primo “attrezzo” simile: anch’esso ad ali battenti, spinto dalle gambe di un uomo. In sostanza un aeroplanino a pedali, di legno e carta. Fu sperimentato, non senza emozione, sempre a Marsciano, dentro un ampio salone, che, raccontò l’inventore al cronista,«ospitava il teatrino parrocchiale».
Motore e guidatore di quel “coso” fu un temerario del luogo, «un mio allievo – continuava l’ingegnere – il ventenne Giuseppe Bordoni montò in sella e tra la commossa ammirazione dei pochi presenti, fece muovere l’apparecchio Era il 5 dicembre 1933». Una data storica, almeno per l’ingegnere, che, commosso ed entusiasta, chiese ed ottenne dall’ufficio brevetti la privativa sull’invenzione. Passati gli anni e la seconda guerra mondiale, il progetto uscì dal cassetto. Così, nel 1950 il “geniale inventore” annunciava che la sua “creatura” sarebbe stata sperimentata al campo di aviazione di Passignano o a Sant’Egidio. Seguirono mesi e mesi di silenzio. Nel 1953 altro annuncio: «L’esperimeno stavolta si fa davvero». Ma non se ne è più saputo niente. Forse è mancato il volontario che avesse il coraggio di volare con quattro pedalate.

  L’ingegnere inventore dell’aereo a pedali

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