Fonti del Clitunno, il battistero scomparso

Quale fine avrà fatto il Battistero del Clitunno? E, soprattutto, c’era davvero un battistero vicino alle fonti? Siamo sulla consolare Flaminia, il diverticolo orientale. Il tracciato antico praticamente coincide con l’odierna strada provinciale che collega Spoleto a Trevi, lambendo le fonti del Clitunno. Passate le fonti ecco il tempietto

sul Clitunno, costruzione enigmatica: l’Unesco lo inserisce tra le più importanti testimonianze della presenza longobarda in Italia, ma le linee richiamano l’architettura classica Romana e per gli studiosi esso era un tempio pagano che la Chiesa, poi, straformò in sito cristiano, dedicandolo a San Salvatore.
Il Clitunno – Giove Clitunno – era un luogo in cui la paganità aveva una delle sue eccellenze. E’ Virgilio che, nelle Georgiche, parla delle sue acque particolari, dalle virtù taumaturgiche al punto che i buoi destinati al sacrificio, entrati un quelle acque, ne sarebbero usciti bianchi candidi. Ecco perché Maffeo Barberini,  arcivescovo di Spoleto ed in seguito papa col nome di Urbano VIII, si scandalizzò quando gli riferirono che nella pieve diruta dedicata a Michele Arcangelo, ed attigua al Battistero, erano stati trovati gioghi di buoi: il sospetto fu che con rito più pagano che cristiano qualche cerimonia proprieaziatoria per gli armenti, si continuava a praticare.
Poco oltre il tempietto senvra siorgesse, un battistero. Si parla di una piccola struttura la cui massima importanza stava appunto nella funzione di luogo dei battesimi, che avvenivamno utilizzando con l’acqua di una delle fonti del Clitunnno in un perpetuarsi, sia pure, inconscio di credenze pagane difficili da far dimenticare. Ed infatti la tradizione popolare riferisce che il battesimo fatto con le acque del Clitunno “mondava i piccoli” non solo nello spirito, ma anche nel corpo. Li rendeva candidi, cioè. Era in sostanza una proiezione della leggenda dei buoi “candidati”, resi candidi, in vista del sacrificio a Giove Clitunno. La fonte era evidentemente particolare, tanto è vero che attorno ad essa sarebbe stato costruito il battistero.
La Flaminia, in quanto grande via di comunicazione, fu un importante strumento di diffusione e penetrazione del cristianesimo in Umbria. Vincere il paganesimo in uno dei luoghi in cui maggiormente certe usanze erano praticate non era facile. Dopo qualche secolo di tolleranza, quando compito della Chiesa divenne anche sradicare e sopire ogni richiamo alla “malafede”, quel battistero _ dedicato, ovviamente, a San Giovanni Battista _ ed antistante la chiesa dedicata all’arcangelo Michele (ne riferiscono, puntuali, due studiosi autorevoli come Sandro Ceccaroni e Silvestro Nessi)  era una spina nel fianco. Li portava a battezzare i figli la gente di “Azzano, San Giacomo, Beroide, San Lorenzo, Coste di Trevi, Manciano, ecc.”. Un po’ tutti i cristiani che abitavano la vallata compresa tra Pissignano e Spoleto.
Una scelta che molto probabilmente fu fieramente osteggiata: ad un certo punto i battesimi non avvenivano più vicino alla fonte, ma la sua acqua veniva raccolta in un paiolo di rame e portata a Pissignano, dove i bambini venivano battezzati “a spese del prete”. Del Battistero non restano tracce materiali, ma solo testimonianze e racconti. Non c’è un sasso, un fregio. Della chiesa di Sant’Arcangelo Gabriele sembra che almeno resti un pezzo del frontone che fu trasportato _ circa duecento anni fa _ all’interno del tempietto sul Clitunno.

 

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Fonti del Clitunno, il battistero sparito;

Per saperne di più:
Silvestro Nessi, Sandro Ceccaroni (a cura di): “Da Spoleto a Trevi lungo la Flaminia”, Spoleto 1979

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