Guerra per San Valentino

Alla metà di luglio del 1218 Terni divenne, di nuovo, sede di Diocesi. Papa Onorio III con una “breve” datata 16 luglio restituiva alla città l’episcopato soppresso sei secoli prima, a causa “della scarsità della popolazione e dell’assenza del clero”.
Nel 1218, però, Terni è molto diversa da quella del 598. Non è più una cittadina in piena decadenza, spopolata, senza risorse. Sì, l’estensione territoriale è limitata al territorio compreso tra il corso del Nera e quello del Serra, ma lì vivono tra i sei e i settemila abitanti, una comunità industriosa in cui abbondano legnaioli, pescatori, panettieri, fabbri, macellai, tessitori, allevatori, conciatori. Una città dinamica che con la creazione della diocesi vede la possibilità di rinforzare anche le proprie strutture comunali e cominciare ad essere un’entità politica autonoma e rilevante.
Ciò nonostante, forse il papa Onorio III non avrebbe compiuto il passo che i ternani sollecitavano già dai tempi del suo predecessore, Innocenzo III. Ma c’erano altre necessità di cui la Chiesa di Roma avvertiva l’urgenza: mettere in qualche modo un freno alle mire della Spoleto ghibellina e all’espansionismo particolarmente attivo di Narni.
Nasceva la nuova diocesi, e ovviamente non mancarono le rimostranze, anche veementi, proprio da parte di Narni e soprattutto di Spoleto. Ma Onorio andò avanti deciso, lanciando subito un segnale significativo con la concessione in dote al nuovo vescovo di Terni, Raniero (o Rainero), della basilica di San Valentino, che fino ad allora era sotto la giurisdizione narnese. Intorno alla basilica e alle sue pertinenze si accese una vera e propria guerra che vide scendere in campo, oltre ai narnesi, anche Spoleto. Con Spoleto, anzi, la diatriba fu risolta sono dopo trecento anni, quando si sottoscrisse un patto contrassegnato dalla nascita di una chiesa di san Valentino in Valnerina, esattamente a venticinque chilometri da Terni, a segnare un confine di pertinenza.
Riguardo al Ducato di Spoleto, papa Onorio andò anche oltre, sottraendogli tutta l’area delle Terre Arnolfe e, con esse, della rocca di Cesi, avamposto ghibellino strategico per il controllo della sponda sinistra del Tevere nell’Umbria meridionale e della vallata del Nera.
Terni assumeva, nello scacchiere territoriale dell’epoca, il ruolo di Comune cuscinetto, a frenare le potenze spoletina e narnese e alleato di Todi che a sua volta, espandendo la sua influenza verso l’Umbria meridionale, era giunta in conflitto con Narni cui strappò Amelia e Giove. Un Comune, quello di Terni, che il papa voleva abbastanza solido, quindi: proprio per questo avallò operazione di ampliamento che una città industriosa, e quindi con una certa “disponibilità di cassa” poteva permettersi, come l’acquisto di Marmore, la rocca di Monte Sant’Angelo e Papigno.

Vedi anche:
Terni città di preti

Umbria sud

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Per saperne di più:
Edoardo D’Angelo, “Terni medievale. La città, la Chiesa, i Santi, l’agiografia”.
Ed. CISAM Spoleto, 2015

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