17 anni ai lavori forzati, giù dal treno a Giuncano ed evade

17 anni di lavori forzati potevano bastare. O almeno lui la ragionò così quando decise che altri dieci a fare quella vita non gli andava bene per niente. Di quale delitto si fosse macchiato non si sa, ma certo non doveva essere una cosa da poco se la condanna era stata tanto pesante.

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Spoleto e la Rocca visti dalla stazione

Pietro Papalato era in galera a Roma, ma per gli ultimi dieci anni decisero che andava bene anche il carcere di Spoleto, allora ospitato nella Rocca Albornoz. La data del trasferimento fu quella del 5 settembre 1886. Il treno su cui viaggiava scortato e ammanettato era appena partito da Terni, ormai mancava poco all’arrivo a destinazione. Solo che il treno, dovendo affrontare un tratto in salita, subito dopo la stazione di Giuncano doveva rallentare. Lui sfruttò l’occasione e si gettò dal finestrino. Andò giù di testa rimanendo esanime mentre il treno si allontanava. I gendarmi di scorta si sporsero dal finestrino e lo videro bocconi, immobile. Non si preoccuparono più di tanto: a loro giudizio o era morto per la gran capocciata data per terra o quanto meno era ridotto piuttosto male. Arrivati a Spoleto telegrafarono a Terni ed avvisarono: andate in tale posto e troverete uno per terra: voleva scappare e si è buttato giù dal finestrino, ma se non si è ammazzato poco ci manca.

Invece non era così. Quando ispezionarono quel tratto di linea i gendarmi non trovarono nessuno. Papalato era sparito e ancora lo cercano. Ha avuto ragione lui: 17 anni di lavori forzati potevano bastare.

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