San Gemini 1913, venti giorni di sciopero dei contadini per il Patto Colonico

Pietro Farini

Il 23 luglio 1913 finì, dopo giorni di lotta, lo sciopero dei contadini di San Gemini. Uno sciopero che era in corso da giorni essendo cominciato ai primi di luglio mentre era ancora in corso la mietitura. In discussione il rinnovo dei patti colonici. Alle richieste avanzate dai contadini i proprietari terrieri avevano risposto con arroganza e negando ogni diritto. La Lega di Resistenza proclamò così lo sciopero. La lotta fu subito dura e complicata. Non mancò agli scioperanti l’appoggio costante dei socialisti ternani vari esponenti dei quali – Pietro Farini, Alfredo Urbinati, Arturo Luna e Giovanni Colasanti, principalmente – si recarono ogni giorno in visita agli scioperanti.

Gli agrari, non appena i contadini incrociarono le braccia, si organizzarono costituendo la loro associazione in seno alla quale brillavano colui che L’Avanti! Definiva “il terribile Negroni”, il cavalier Olivieri, l’agrario Bacchettoni, ed altri i quali avevano sottoscritto un impegno a non trattare singolarmente e a non rompere il fronte. Solo l’avvocato Nevi dichiarò ufficialmente e su carta bollata che avrebbe rispettato le richieste dei contadini riguardo regole previste dal patto colonico già in essere, che non erano ancora state applicate.

I contadini, secondo quanto riferiva L’Avanti! continuavano a rifornire di foraggio il bestiame che era loro affidato, ma il 19 luglio, avevano fatto sapere che nel giro di un paio di giorni avrebbero smesso. Da qui le notizie riferite dal Corriere della Sera, secondo il quale invece il bestiame era da giorni senza cibo, mentre la trebbiatura andava avanti con una sola macchina e col lavoro di alcuni crumiri sotto la vigilanza delle forze dell’ordine.

Gli agrari avevano chiesto l’intervento dell’onorevole Francesco Faustini, deputato ternano.

Seppure le posizioni fossero dure e contrapposte non si erano ancora registrati disordini, ma lo sciopero si preannunciava molto lungo.

Invece il 23 luglio esso cessò improvvisamente. Dopo un comizio tenuto a San Gemini dal segretario della Camera del lavoro di Terni e nel corso del quale fu presentato un ordine del giorno in cui si stabiliva di riprendere il lavoro nei campi e si affermava “L’opportunità di riprendere l’agitazione in miglior tempo, quando cioè le condizioni della Lega, più compatta e rafforzata con altre che si organizzeranno nei paesi limitrofi, daranno maggiore affidamenti di successo”. Ordine del giorno che fu approvato dai contadini che si impegnarono – riferì il Corriere della Sera – a iscriversi alla Camera del Lavoro di Terni

Il fatto era che erano tesi i rapporti tra i socialisti e la Camera del Lavoro ternana che era vicina agli anarco-sindacalisti dell’Usi. E s’era affermato che proprio il ruolo svolto dai socialisti e specificatamente dall’onorevole Farini, fosse d’ostacolo ad un componimento della vertenza, mentre, scriveva L’Avanti! , noi mirammo sempre allo scopo di discutere e trattare le domande avanzate dalla Lega; nell’interesse dei contadini decidemmo di ritirarci dalla lotta tanto più che la direzione era stata assunta dalla locale Camera del Lavoro.

Fu quindi il segretario della Cdl di Terni che condusse la trattativa avendo come rappresentante della controparte il sottoprefetto. Si riaprì quindi il confronto “sulla base – spiegava l’Avanti! – di una formale promessa che impegna i proprietari di prendere in esame le giustificate richieste dei contadini prima della scadenza delle epoche per la riforma del patto colonico”.

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