1948, ragazza accusata di furto si uccide in caserma: dubbi sugli inquirenti

C’era stata qualche responsabilità dei parte dei carabinieri nella morte di una ragazza di Terni avvenuta, il 19 novembre 1948, in caserma a Roma, dove l’avevano trattenuta in stato di arresto? Il dubbio si insinuò piuttosto forte. La ragazza, Desdemona, 18 anni, trasferitasi da “La Castagna”, località vicino Terni, a Roma per guadagnarsi da vivere come donna di servizio, s’era uccisa dandosi fuoco. Una morte orribile. L’avevano condotta in caserma accusandola di aver rubato un prezioso anello (valore duecentomla lire di allora).

Gli organi di informazione non ci vedevano chiaro in quel che era accaduto. Intanto: perché il fatto era stato tenuto nascosto per due giorni? La notizia della morte orribile di Desdemona s’era saputa solo il 21 novembre, infatti. Si parlò, in maniera diretta e pesante, di “congiura del silenzio”, come se si fosse cercato di ammantare in qualche modo l’accaduto. Come mai? Di più: perché nessuno si era accorto di quel che accadeva? Poteva essere plausibile che nessuno fosse accorso alle sue grida? Possibile che la ragazza sia bruciata viva senza emettere nemmeno un grido? E com’è che in camera di sicurezza aveva a disposizione i fiammiferi con cui dette alle fiamme i propri vestiti?

Perché, infine – ci si domandava negli articoli di cronaca – la ragazza ormai agonizzante fu condotta all’ospedale di Santo Spirito mentre ce n’era un altro, l’ospedale San Giacomo, a pochi passi dalla caserma? E per quale motivo il maresciallo dei carabinieri s’era intestardito nel ritenere Desdemona colpevole nonostante lei negasse ogni addebito? Comportamento inspiegabile, quello del maresciallo, anche perché nemmeno la vittima del furto né alcun componente la sua famiglia (che era quella presso la quale la ragazza ternana prestava servizio) intendeva prendere in una qualche considerazione la possibilità che lei si fosse impossessata di quell’anello che la padrona di casa aveva avuto in regalo la stessa mattina in cui esso scomparve.

Per tutti coloro per cui aveva prestato servizio nei due anni trascorsi a Roma Desdemona era una brava ragazza, si era sempre comportata ottimamente e s’era mostrata seria lavoratrice senza “grilli pel capo”.

A lungo protestò la propria innocenza, ma i carabinieri erano stati irremovibili, confortati nel loro convincimento da una frase che la ragazza pronunciò ad un certo punto, dopo un estenuante interrogatorio, dicendosi pronta a risarcire il danno se fosse bastato a farla  uscire da quell’incubo. Le sue ultime parole , pronunciate prima di spirare davanti ai medici dell’ospedale Santo Spirito furono solo: “Non sono stata io”.

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