Valentino, l’altra storia del santo dell’amore

 

Si arrivò alla lite per decidere chi dovesse essere l’unico, vero santo protettore di Terni. Sì, il compito era stato “assegnato” da secoli a San Valentino, ma poi, col passare dei secoli un santo solo sembra non bastasse più. E così gli furono affiancati San Procolo e Sant’Anastasio. Quest’ultimo era anzi diventato il protettore principale della città, venerato nella cattedrale dove, nella cripta, si trovava – e si trova – la sua tomba.
Era prassi, ormai, nell’età di mezzo, che le città moltiplicassero i santi protettori e con loro le feste solenni. Le parate e manifestazioni religiose di “prima classe” si susseguivano così, ovunque, a ritmo costante e serrato. Papa Urbano VIII pensò che era ora di finirla e stabilì che ogni città doveva avere un solo santo. Che i fedeli decidessero.
A Terni la faccenda sfociò in un acceso dualismo: la congregazione ecclesiastica si pronunciò per Sant’Anastasio, il consiglio municipale votò unanime per San Valentino, “santo, ternano, vescovo di Terni”. San Procolo non fu nemmeno preso in considerazione. Le posizioni s’erano irrigidite. Nessuna delle due parti schiodava. Da una parte l’ecclesia, dall’altra il popolo. Ad evitare scontri e qualche guaio si stabilì di girare la questione al papa. Visto che lui aveva creato la situazione difficile, che se la risolvesse… Ed Urbano VIII la soluzione la trovò subito: il popolo ritiene San Valentino unico, vero patrono della città. E allora così sia.
San Valentino fu nominato vescovo di Terni nel 197, giovanissimo. La tradizione narra che fu martirizzato il 14 febbraio del 273. Ci fu, in verità, un altro Valentino vescovo di Terni, ma circa tre secoli dopo (dal 520 al 533). Stesso nome, stessi natali ternani. Per distinguerlo dal vescovo e martire è comunque chiamato Valentino II. E Anastasio? Fu anch’egli vescovo di Terni, dal 606 al 633. Sulla sua figura storica non è che manchino, comunque, le incertezze: secondo alcuni era ternano, per altri un aramaico che dalla Siria era approdato a Roma e da qui inviato a Terni con un compito ben preciso. In pratica la sede episcopale ternana fu “commissariata” dalla curia romana che considerava Terni una città ribelle, in cui s’era smarrita la retta via e dove vigeva un’eccessiva libertà di costumi. Troppo goderecci i ternani. Andavano in qualche modo redenti. Appare trasparente, quindi, il motivo che era alla base del dualismo sulla scelta di un unico patrono.
Il giorno di festa dedicato a San Valentino, l’ “originale”, fu scelto a suo tempo nel 14 febbraio, non a caso. Il cristianesimo, nel periodo della sua principale diffusione, spesso inglobava preesistenti riti pagani. Lo scopo era di evitare una frattura netta tra la religione nuova e la tradizione popolare vecchia di secoli.
Il 14 febbraio, indicato come giorno del martirio di San Valentino, era anche il giorno principale in cui i pagani celebravano i “Lupercali”, la festa della fertilità dedicata al dio Luperco, protettore delle greggi e dei lupi. La fertilità era intesa, quindi, come “figliolanza” delle greggi, come procreazione più che come abbondanza dei frutti della terra. Per i pagani il 14 febbraio era quindi la giornata dell’amore e degli innamorati, la cui protezione San Valentino – si potrebbe dire – si trovò in eredità. Ma la cosa non solo fu accettata ben presto nel resto del mondo cristiano, ma addirittuta divenne il motivo principale della considerazione del vescovo e martire ternano nei paesi di cultura anglosassone.
Non è un caso che William Shakespeare vi faccia riferimento nell’Amleto. Nel quarto atto, infatti, Ofelia, distrutta dal dolore per la morte del padre Polonio e per il rifiuto d’amore da parte del tormentato principe di Danimarca, canta: «Sarà domani San Valentino/ci leveremo di buon mattino,/alla finestra tua busserò,/la Valentina tua diventerò»./Allora _ continua il testo – egli si alzò, /delle sue robe tutto si vestì,/la porta della camera le aprì, /ed ella non più vergine ne uscì. Quello di Shakespeare, non pare essere il San Valentino dell’amore universale né quello delle promesse o dell’amore spirituale. D’altra parte nei paesi anglosassoni il “Valentine’s day” fu considerato generalmente più che altro come il perpetuarsi dei Lupercali. La festa tradizionale del Valentine’s day si svolgeva più o meno così: ognuna delle giovani in età inseriva un messaggio in un grande vaso; i ragazzi, affidandosi alla sorte, estraevano uno di tali messaggi e quindi dovevano individuarne l’autrice. Se la ricerca andava a buon fine, il ragazzo e la ragazza diventavano partners sessuali per tutta la festa.
Ecco: Anastasio, nel caso di Terni, avrebbe dovuto far sì che i ternani fossero devoti, sì, al loro santo, ma non eccedessero nel fare loro i costumi anglosassoni. A questo scopo, a far sì che non finisse nel dimenticatoio l’”esortazione” di cui Anastasio era portatore, il suo nome fu affiancato a quello di San Valentino nella protezione della città. Ma quando fu obbligatorio scegliere tra i due santi il popolo di Terni volle Valentino.

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