Non appena si seppe in giro delle «guarigioni miracolose», la casa di campagna di Poggio Mirteto del contadino Galli (il nome di battesimo nelle cronache del tempo viene sostituito con un «certo») divenne meta di pellegrinaggi. Si diceva di gente guarita dalle più terribili malattie, di altri che avevano riacquistato la vista. E che chi non guariva del tutto traeva comunque un beneficio perché i decotti del «Certo Galli» lenivano i dolori.
«Sarà – disse in udienza il pubblico ministero, commendator Bravini – ma il comportamento dell’imputato si chiama esercizio abusivo della professione medica. E il reato sussiste anche se non c’è compenso. Il fatto è che quest’uomo può diventare pericoloso proprio per chi si rivolge a lui. Chi può essere certo che quei decotti non provochino danni?».
«Chi si rivolge a lui – ribatté l’avvocato difensore Ivo Coccia – è stato rifiutato dalla medicina ufficiale, nel senso che essa non ha soluzioni per il suo caso». L’avvocato citò dichiarazioni di illustri clinici d’Oltreoceano, esaltò le doti dei guaritori africani e sud americani, quindi quelle dei santi che «eppure, non erano medici»; tirò fuori le teorie di Freud. Alla fine ce la fece: il «Certo Galli» fu assolto. Poté tornare a casa, ma a evitare futuri guai – sottolineava il cronista giudiziario – lì «lo aspetta il duro lavoro dei campi». Basta fare il guaritore.
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