Evaso ucciso a Papigno dai carabinieri

Quella del 28 febbraio 1902

fu una serata movimentata al ponte di Papigno. Una scena da film western coi carabinieri che fecero fuoco su un bandito per arrestarlo, dentro un’osteria. L’uomo, Romolo, era evaso dal carcere mandamentale di Terni, ma non s’era allontanato continuando a bighellonare nella zona della Valnerina ternana, specie presso Papigno dove – scriveva il cronista – “non mancava di fare qualche ricatto perché aveva sempre la borsa ben fornita”. Era un colosso, Romolo, “dotato di forza erculea tanto che si dice che a braccio teso alzava più di un quintale di peso da terra”. Questa forza fisica lo rendeva sicuro di poter sfuggire a proprio piacimento ai carabinieri che erano “sempre sulle sue tracce”.
Quel giorno, all’imbrunire, si recò “nello spaccio di vino che trovasi a destra del ponte che traversa il Nera, prima casa senza numero, che conduce a Papigno e si mise tranquillamente a bere”.

PAPIGNO
Il ponte di Papigno

Non era solo nell’osteria, dove altre cinque o sei persone stavano sedute in una saletta attigua alla cucina. Per caso capitò una pattuglia di carabinieri della stazione di Marmore. Tre carabinieri, i quali, riconosciuto Romolo, gli “intimarono l’arresto”. Romolo nemmeno si scompose: “Voi tre non sarete buoni a legarmi”, rispose sprezzante, e s’alzò in piedi pronto a fare a pugni. I carabinieri lo tenevano a bada puntandogli contro i fucili, ma lui dette un calcio alla porta spalancandola e cercando di scappare. Si nascose nella saletta. Scovatolo i carabinieri lo invitarono ad uscire sempre puntandogli contro le armi. Romolo reagì, afferrò il moschetto di uno dei militari e cercava di straparglielo quando quello fece fuoco.
Si accreditò l’ipotesi del colpo partito accidentalmente, ma Romolo presentava altre ferite oltre a quella al petto, la più grave. Sanguinante si alzò in piedi e quelli lo scortarono in manette all’ospedale. Ma Romolo nonostante la forte tempra morì durante la notte.

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