Febbraio 1923: complotto contro lo Stato, in carcere 145 comunisti e socialisti umbri

30 a Perugia, 34 a Terni, 14 a Orvieto, 24 a Foligno, 43 a Spoleto

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Un complotto contro lo Stato. Per questo nel febbraio 1923 ci furono arresti di socialisti e comunisti in tutta Italia. In Umbria ne finirono in carcere 145. La marcia su Roma c’era stata poco più di tre mesi prima ed il nuovo governo mise in atto una vasta azione preventiva per il mantenimento “della tranquillità e dell’ordine pubblico”. Il direttore generale della Pubblica Sicurezza, Emilio De Bono, era entrato subito in azione: già nel novembre 1922 aveva diramato una circolare con la quale invitava Prefetti e Questori a non esitare ad intervenire facendo uso senza “alcun riguardo” del fermo temporaneo di polizia per mantenere l’ordine pubblico. Agire, quindi ricorrendo anche se nel dubbio alle manette. A questa prima seguirono nel messe di dicembre altre due circolari di De Bono: la prima ordinava a Prefetti e Questori di compilare  elenchi “degli individui che tramano o possano tramare a danno della Patria, dello Stato, del Governo”; la seconda aveva lo scopo di passare all’azione. L’ordine in essa contenuto era quelo di “intervenire con energia contro capi, circoli, associazioni che si sa hanno le manifeste intenzioni di sovvertire l’ordine, di mantenere la discordia, di agitare gli animi”. 

Il direttore generale della Pubblica Sicurezza Emilio De Bono

E la PS, nel mentre si stava per dar vita alla Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale di cui lo stesso quadrumviro diventò il comandante generale.

Contro i “complottisti” si agì dai primi gfiorni del mese in tutta Italia, con ondate di arresti. In Umbria i primi a finire in carcere furono l’ex sindaco socialista di Perugia Ettore Franceschini ed alcuni ex assessori della sua giunta Mario Panighetti, Vittorio Fontana, Dante Ricci, Aldo Bianchi. Con loro finirono in carcere tre ex consiglieri comunali Guido Pirchia, che era stato anche presidente della Congregazione di Carità, Luigi Capicchioni e Renato Renzoni, impiegato della regia Tesoreria;  ; l’operaio Petronilli; Umberto Mangani impiegato postale; l’anarchiovo Virgilio Coletti. “L’arresto è riuscito assai movimentato – informava l’Agenzia Stefani – Si dovette abbattere due portoni o salire a mezzo di una scala a piuoli sul tetto per discendere negli appartamenti sottostanti”.

Trenta furono gli arrestati a Perugia, 34 a Terni, 24 a Foligno, 43 a Spoleto, 14 a Orvieto

Le abitazioni degli arrestati furono oggetto di minute perquisizioni che portarono ad ulteriori arresti – riferiva una settimana dopo il quotidiano romano “L’Epoca”: si trattava – scriveva –  di “tali Cardinali Ettore, Cesare Afredo, Rampogni Oliviero, Antonelli Cesare, Ciarfaglia Ernesto, Goretti Nazzareno, Iacobi Antonio, Bugatti Ferruccio e Mancini Aldo”.

“L’Avanti” il giorno dopo i primi arresti riferiva sotto il titolo “Bombe ammaestrate a Perugia” che “poco prima di mezzanotte, dinanzi alla caserma dei carabinieri è esplosa una bomba con enorme fragore, ma che però non ha prodotto altri danni che la rottura di un vetro e di qualche filo telefonico” e che “nel giardino davanti alla sede del Fascio è stata rinvenuta una bomba carica ma inesplosa”. “L”Avanti!” proseguiva: “In qualche punto della città sembra si sia trovato affisso un manifestino dattilografato con frasi truculente in cui si afferma che insurrezioni scoppieranno stamane in ogni angolo della città” per colpire “la violenta borghesia. Compagni avanti senza pietà”, era l’esortazione a chiusura del volantino. “Le bombe – commentava il giornale socialista – hanno tutta l’evidenza di essere ammaestrate” ed ancor più lo “appare il volantino che ha lo scopo di impaurire i merli della borghesia locale”.

Nei giorni succesivi fui vagliata dall’autorità di polizia la posizione degli arrestati. A Perugia nove furono subito prosciolti e tutti gli altri denunciati per associazione sediziosa o detenzione di armi ed esplosivi. I più pericolosi, evidentemente, furono considerati gli ex componenti la giunta comunale perugina di sinistra a cominciare dall’ex sindaco socialista Franceschini e proseguendo con tutti gli altri assessori: Fontana, Pirchia, Ricci, Bianchi. A Terni furono rilasciati subito sei dei 34 arrestati venti dei quali furono successivamente denunciati per complotto per venti di loro, mentre in otto furono accusati di detenzione di armi ed esplosivi. A Foligno otto furono deferiti per complotto e gli altri 16 prosciolti. A Spoleto furono 35 i prosciolti mentre per gli altri otto arrestai scattò la denuncia. Ad Orvieto solo tre i denunciati mentre tutti gli altri furono rimessi subito in libertà..

Ma non era finita. Il 17 febbraio “L’Avanti!” diffondeva la notizia che a Foligno erano stati denunciati come corresponsabili del complotto l’ex assessore comunale Zuccardi, la calzolaia Silvia Mentana e suo marito Ateo Ricci meccanico; Virgilio Vincenzoni di Spoleto, Carlo Stanislao di Narni, Angelo Tenaglia di Terni; arrestato e poi rilasciato Loriero Bianchi, ferroviere. Il 24 febbraio altri arresti: quelli di Giuseppe Baroni, di Foligno, fiduciario dell’Esecutivo Comunista per la provincia di Perugia, di Angelo Tenaglia (che vide trasformarsi in fermo la denuncia a suo carico) e il tramviere ternano Arcangelo Pangrazi.

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