Diversa è la guerra che nel XXI secolo oppone Perugia e Foligno. Non di assedi o di sortite con la spada sguainata è fatta. Ma da quintali di carte bollate, accatastate in decine di anni di contese giudiziarie su cui, coll’ennesimo ricorso presentato dal Comune di Foligno, è stato chiesto il giudizio definitivo della Corte di Cassazione.
L’acqua del Topino è dei folignati o i perugini possono succhiarne una parte per le loro esigenze? La diatriba fu innescata dalla decisione del Comune di Perugia di utilizzare l’acqua delle sorgenti del fiume che nasce alle pendici del monte Pennino in territorio di Nocera Umbra. Il Comune di Foligno si oppose. E cominciò un braccio di ferro. Tira di qua, tira di là, ala fine il Consiglio superiore dei lavori pubblici, all’inizio degli anni Cinquanta, deliberò che sì, Perugia “che soffre di una grave deficienza di acqua pregiudizievole anche dei suoi interessi turistici” poteva realizzare il nuovo acquedotto captando l’acqua del Topino.
Ma a Foligno presero cappello: “Il Topino è nostro: le sue acque sono indispensabili per la nostra industria più florida, quella zuccheriera, e per i campi in cui si coltiva principalmente la barbabietola”. Mettere in ginocchio questa attività significherebbe “la condanna alla disoccupazione centinaia di nostri concittadini”. Quindi un no secco alle pretese di Perugia, appoggiato da Spoleto e Nocera Umbra. Ci fu una mobilitazione di vescovi, sindaci, consiglieri provinciali. Ma non ci fu niente da fare, la captazione delle acque del Topino ebbe inizio. Quarant’anni dopo la battaglia ricominciò con la scesa in campo del Wwf. Il presidente del Consorzio Acquedotti di Perugia finì nei guai e Foligno chiese i danni: tre milioni di euro; per la verità la prima richiesta fu in lire, ma prima che la pratica avesse il suo corso, c’era stato il cambio della valuta. I primi due gradi di giudizio civile hanno dato ragione ai perugini. I folignati hanno infine presentato ricorso in Cassazione. Il Comune di Perugia non intende deporre le armi, però. E così ha deciso di resistere in giudizio.