I moti del 1831 nell’Orvietano: arresti e denunce a Ficulle, Baschi e Porano

La ribellione nella zona dell’Orvietano era finita male: d’altra parte si parla dei moti del 1831 che interessarono, oltre l’Emilia Romagna, anche l’Umbria e le Marche. Nell’Orvietano, nella repressione dei moti di marzo, ci furono diversi arresti.

Diverse settimane dopo, il Primo Maggio di quell’anno, il cardinale Domenico Gamberini, vescovo di Orvieto comunicava tramite la Direzione Generale di Polizia al Cardinale Segretario di Stato Tommaso Bernetti, di aver fatto tradurre nelle carceri di Roma Luigi Gigli, Governatore di Ficulle, e Pietro Paolo Fabiani, anch’egli di Ficulle, “come principali promotori della ribellione fatta succedere in quella terra”. Qualche giorno dopo la stesa sorte era toccata a Francesco Madami, “promotore della ribellione in Baschi, aderente ai rivoltosi e loro emissario in Orvieto” e Marcello Tedeschini che “condusse i ribelli in Porano a cambiarvi il Governo”.

Oltre agli arrestati il vescovo di Orvieto aveva inviato a Roma, alla Direzione di polizia, un “incarto” a carico di Paolo Antonio Fiamma di Sugano, Lorenzo Corini e Giuseppe Bartella di Baschi, tutti in stato di libertà, “come rei di avere portato in Baschi ai ribelli cinque o sei staja di polvere sulfurea prelevate dalla fabbrica del Fiamma in Sugano”. Il vescovo aveva un dubbio che sperava gli venisse fugato dalla risposta della Direzione generale di polizia o dello stesso pro segretario di Stato: “La causa – si chiedeva nella lettera – si deve riservare per le commissioni civile e militare, o va fatta proseguire dal Ministero inquirente della Direzione Generale?”.

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