Il medico condotto di Narni, ministro sotto accusa

 

La lapide il Comune di Narni la pose in via San Giuseppe «perché i posteri sappiano che il 24 gennaio 1803 nacque in questa città Caterina Franceschi Ferrucci, per il virile ingegno, pei classici scritti in Italia e fuori lodatissima». Caterina Franceschi sposata Ferrucci il giorno in cui fu posta la lapide, il 28 febbraio 1890, era scomparsa da tre anni. Narni vantava i natali di una donna che si distinse nelle lettere, ma anche – seppur non se ne faccia cenno – come patriota particolarmente attiva durante i moti del 1831 e del 1848. Nacque a Narni, ma ancora bimbetta si trasferì nelle Marche; poi in Emilia, in Svizzera, in Toscana prima a Pisa poi a Firenze dove morì. Nessuna lapide, a Narni, ricorda che Caterina nacque in quella casa perché lì viveva suo padre, Antonio Franceschi il quale fu, per anni, medico condotto di Narni, ma – soprattutto – ministro dell’Interno della Repubblica Romana del 1798-99. La prima Repubblica Romana, nata sull’onda della rivoluzione francese e con il fattivo impulso delle truppe di Napoleone.
Antonio Franceschi era nato a Brisighella, vicino Faenza. A Narni giunse nel 1795, come medico condotto primario. Aveva 33 anni, era vedovo ed aveva già una figlia: Raffaella. Fu lui, nel ’98, non appena a Roma occupata dai francesi si proclamò la repubblica, a pronunciare a Narni il discorso per l’innalzamento dell’albero della libertà che il governo repubblicano volle in ogni città e paese. «L’albero – raccontano gli storici – fu tagliato nel bosco di San Girolamo e dipinto a tre colori bianco rosso e nero. Fu alzato in piazza del Lago ed il medico condotto tenne il discorso d’occasione stando in piedi sopra il banco della pizzicheria».
Cronache del tempo, o meglio degli anni di poco successivi se nel riferire i fatti si evidenziano i tratti negativi dell’esperienza repubblicana. Non a caso si pone, ad esempio, l’accento sui baccanali seguiti all’innalzamento dell’albero della libertà: «Un banchetto pubblico, seguito da ballo nel salone del vescovado e vi fu notata una coppia composta di un prete e di una monaca».
Repubblicano della “prima ora”, Antonio Franceschi divenne una delle autorità costituite: fu nominato edile del compartimento di Narni insieme a Giuseppe Cardoli, Nereo Olivieri, Germano Polidori, Luigi Valli, Giuseppe Corbelli.
Passata la breve parentesi dell’occupazione di Roma da parte della truppe napoletane con contemporanea (e temporanea) “sospensione” della Repubblica, non appena il governo repubblicano tornò alle sue funzioni, Antonio Franceschi fu chiamato a farne parte con un ruolo importante e delicato: ministro dell’interno. Era l’11 gennaio 1799. Franceschi andava ad interessarsi, tra l’altro, dell’istruzione e della “declerizzazione”. Compito che egli svolse fissando precisi confini tra il rispetto delle esigenze ecclesiali e l’amministrazione della cosa pubblica.
Promosse anche una riforma dell’Università di Perugia, abolendo le cattedre teologiche e riordinando quelle filosofiche e giuridiche.
Ed allora perché Narni celebrò sua figlia, restata a Narni solo fino all’età di cinque anni, e non lui? Forse perché la sua esperienza di ministro si concluse in malo modo. Fu destituito con
l’intimazione a non lasciare Roma se non dopo aver presentato un rendiconto preciso delle spese compiute. In sostanza fu accusato di aver dissipato fondi della Repubblica e di essersi illegalmente appropriato di “beni nazionali”. Secondo i suoi difensori Franceschi scontò il suo impegno “a favore del popolo” mentre i beni di cui era diventato proprietario (una casa ed alcune vigne a Narni, ed una casa in enfiteusi a Roma) valevano meno degli stipendi che come ministro gli spettavano e che non aveva mai riscosso.
Finì comunque così la carriera politica di Antonio Franceschi, che si rimangiò, poche settimane dopo la destituzione, il giuramento civico alla repubblica, e condannò i propri atti compiuti
da ministro contro i religiosi. Probabilmente lo fece perché doveva preoccuparsi del futuro, Franceschi.
Tornò a Narni dove riprese il posto di medico condotto, ma con una forte decurtazione dello stipendio.
Quattro anni dopo, sposata in seconde nozze la contessa Maria Spada di Cesi, divenne padre di Caterina. Ma a Narni non voleva più starci. Nel 1808 si trasferì ad Osimo con moglie e figlie. Caterina aveva, appunto, solo 5 anni.

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