Martin, al forno “6” operai pagati meno: è sciopero

Martin
Forno Martin all’acciaieria di Terni

Chi capitava al forno numero “6” era più sfortunato. Perché all’acciaieria di Terni, tra gli addetti ai forni Martin, quelli del forno “6” guadagnavano di meno. O meglio: la direzione, nonostante nnon fosse concesso dall’accordo in atto, tagliava un parte della loro paga, perché quel forno – sosteneva l’acciaieria – è più piccolo degli altri. Sì, replicavano gli operai, ma mentre per caricare gli altri forni si usano macchinari e gru, il “6” va caricato tutto a forza di braccia. In totale, spalmati sui vari turni, erano un centinaio gli operai addetti a quel forno, e protestarono con la direzione, che se avesse accolto le loro richieste avrebbe mancato di risparmiare “ben” 12 lire al giorno. Il direttore – riferiva una corrispondenza dell’Avanti! – non volle nemmeno parlare con loro e li cacciò dal suo ufficio. Fu così che gli operai dei forni Martin scesero in sciopero. Dopo quattro giorni di tentate trattative il 13 novembre 1913 si arrivò alla rottura. Si organizzò un comizio di protesta cui parteciparono duemila operai – scrisse l’Avanti! – Il discorso fu pronunciato da Riccardo Sacconi, segretario della Camera del Lavoro, mentre Alfredo Urbinati portò il saluto e la solidarietà del Partito socalista ternano e della “Turbina”, giornale socialista che appoggiava le rivendicazione operaie ternane.

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