Una tomba a tumulo, di tipo etrusco. L’unica a Colle del Capitano, dove, qualche anno più tardi furono scoperte altre 44 tombe, ma di epoca proto villanoviana e quindi precedenti come datazione a quella della biga o “del Carro”. Etrusco è considerato pure quell’artista che scolpì i pannelli “di bronzo dorato lavorato a sbalzo”. Anche se i dubbi non mancano giacché, dicono alcuni studiosi, la mano sembra piuttosto quella di un artista greco-jonico. Ma la tomba è del tipo etrusco ed etruschi, perciò, dovrebbero essere quell’uomo e quella donna che vi furono sepolti insieme alla biga e alcuni vasi dipinti. La biga, secondo altre teorie scientifiche, sarebbe in qualche modo entrata in possesso di un notabile sabino che con gli etruschi ovviamente non c’entrava. Ma come spiegare allora la sepoltura a tumulo alla maniera etrusca?
La segnalazione turistica che si trova lungo la strada che porta da Poggiodomo a Monteleone di Spoleto, non si pone problemi. L’indicazione è chiara: “Colle del Capitano – è scritto – luogo di ritrovamento della biga etrusca”.
E la domanda – come diceva quello – sorge spontanea. Che c’entrano gli etruschi con i monti della Valnerina, al confine sud-orientale dell’Umbria con il Lazio? E’ questo il mistero. Che ci stavano a fare un etrusco, e quanto meno la moglie, in quel luogo distante decine e decine di chilometri dal confine orientale dell’area abitata dal suo popolo? Com’è che è andato a morire proprio lì? Era di passaggio? E se fosse, perché lo avrebbero sepolto così lontano dalla sua terra?
Lo sanno anche i sassi che il Tevere era il confine tra l’Etruria e l’Umbria. Nel senso che gli Etruschi si sono espansi al di là della sponda destra del Tevere. A sud puntando, più che altro, verso le coste tirreniche del Lazio fino ad arrivare in Campania; a ovest occupando tutta la Toscana e verso l’isola d’Elba, e poi fino in Sardegna. A nord si diressero più che altro a nord-est, verso l’Emilia e la Romagna.
Unico era il motore dell’espansione: la ricerca di minerale ferroso. Grazie alla grande competenza acquisita nella lavorazione del ferro, collegata alla perizia nei trasportrasporti via mare e nel commercio, gli Etruschi assistettero al fiorire della loro economia. L’VIII, VII e VI secolo avanti Cristo furono un’epoca di vero e proprio boom economico. La produzione di ferro cresceva a ritmi vertiginosi per l’epoca e c’era necessità di trovare sempre nuovi giacimenti, costruire nuove carbonaie e strutture per l’estrazione del ferro dal minerale.
Ed eccola, allora, una possibile risposta al mistero. Monteleone era luogo di uno dei giacimenti di ferro più importanti dell’Italia centrale. Che gli etruschi abbiano impiantato a Monteleone una specie di succursale? Che, in sostanza, non fosse del tutto sporadica la loro presenza di etruschi in Valnerina nel VI secolo a.C. (la tomba è stata datata 530) quando l’industria del ferro era ancora fiorente? Volendo si può collegare un altro elemento: il passaggio della Balza Tagliata, la strada scavata nella roccia lungo il fiume Corno, lo stesso che bagna l’area dei giacimenti ferrosi di Monteleone. Ebbene, quella strada è identica alle tipiche “tagliate etrusche”, corridoi scavati nel tufo _ materiale certo più malleabile della roccia dell’Appennino _ per superare ostacoli naturali che rendevano impossibile il passaggio.
Elucubrazioni, certo. Ma fascinose.
La preziosa biga di Monteleone ceduta per poche tegole
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Il Comune di Monteleone e l’operazione “recupero biga”
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