Parroco eugubino condannato per “uso improprio di timbri”

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Petroia, la badia

Il parroco fu ingenuo o disonesto? Il Tribunale di Perugia prese per buona la prima ipotesi e lo mandò assolto dall’accusa più grave, quella di falso. Fu invece condannato a tre mesi di reclusione per abuso di timbri. Era il 13 ottobre 1930 quando il tribunale perugino giudicò l’operato di don Gerolamo Rosati, parroco di Petroia, frazione di Gubbio, e all’’epoca dei fatti ex segretario dell’amministrazione del clero eugubino. Era stato arrestato l’8 agosto e da allora era stato “ospite” del carcere di Perugia, ragion per cui i tre mesi di reclusione errano praticamente scontati, e dopo pochi giorni don Gerolamo tornò in libertà.

Perché l’accusa? C’era stato un contratto di permuta di alcuni terreni tra la parrocchia di Santa Cristiana da Gubbio, retta da un altro sacerdote, e l’ex senatore Alberto Bergamini: l’accusa per don Gerolamo era di aver falsificato alcuni documenti preliminari. Il pubblico Ministero aveva chiesto una condanna a quattro anni per falso in atto pubblico. Il Tribunale stabilì, invece, che il parroco aveva solo fatto un uso improprio di timbri rimasti in suo possesso dopo che aveva lasciato l’incarico di segretario del clero di Gubbio.

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