Il partigiano Gildo riabbraccia Telma, la moglie creduta morta

partigiani della brigata gramsci
Partigiani della Brigata Gramsci

Gildo e Scardone. A Terni erano due trattorie dove si mangiava “come una volta”, “di campagna”, pur se alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso ormai erano alle porte di Terni. Scardone stava verso Borgo Rivo; Gildo a San Rocco, poco oltre la basilica di San Valentino, sulla strada per Stroncone. Scardone andò “di moda” più negli anni Ottanta. Ma allora, a cavalo del 1970, la tappa fissa per i giovani era da Gildo, il cui appeal _ si direbbe oggi _ non venne nemmeno scalfito quando alla stazione di Stroncone, poco lontano da San Rocco, aprirono una pizzeria-trattoria chiamata “lu Vietnam”. Da Gildo si andava per la “merennata”, quei pasti consumati tra amici, in allegria: salsicce secche, prosciutto casareccio, capocollo ben pepato, pecorino, una braciola cotta sul camino…. Quando arrivavano i primi caldi la serata passava con prosciutto, pecorino e scafi, le fave fresche, ovviamente raccolte nell’orto di Gildo.
I giovanotti che allora avevano vent’anni, erano nati nell’immediato e pochi sapevano chi era Gildo. Gildo Bartolucci, quell’uomo ormai anziano, piccolo di statura, col cappello, burbero a prima vista ma sempre pronto allo scherzo ed alla bonaria presa in giro, era stato un partigiano combattente nel 1944. Un personaggio importante della guerra di Liberazione. Prima comandante del battaglione “Manni” che ebbe diversi ed impegnativi scontri a fuoco con i tedeschi; poi vicecomandante e commissario politico della brigata “Gramsci”, la più grossa formazione partigiana che operava in tutta la zona del sud dell’Umbria, e, di là dei confini regionali, nelle province di Viterbo, Rieti, Macerata.
Fu la brigata Gramsci ad entrare a Terni insieme all’esercito alleato (in verità i partigiani hanno sempre sostenuto di essere arrivati prima loro).
Certo, quei giovanotti che della guerra, dei partigiani, dei nazisti sapevano solo quel che avevano sentito raccontare in casa, qualcuno avesse detto chi era stato Gildo, spalancato gli occhi per la sorpresa. Ma quegli occhi li avrebbero sicuramente “strabuzzati” se avessero saputo che Telma, la moglie di Gildo, quella donna che curava la cucina della trattoriola di San Rocco, non era stata da meno, su in montagna. Tanto che le era stata conferita una medaglia, per “il contributo dato alla costruzione della nuova Italia repubblicana ed antifascista”.
Telma Marcucci, nel 1944, era insieme al marito, nel battaglione “Manni”. Il 12 aprile 1944, lunedì di Pasqua, il battaglione “Manni”, che era sulle montagne di Vasciano al confine tra Umbria e Lazio, fu accerchiato da uomini della divisione Goering. 48 partigiani si trovarono a combattere contro centinaia di tedeschi. Due ore e mezzo durò la battaglia in mezzo ai boschi. Morirono i partigiani ternani Vincenzo Mauri e Alvise Fossatelli. I loro compagni riuscirono a sfuggire alla cattura. Ma da allora dovettero sempre stare sul chi vive perché i tedeschi cominciarono i rastrellamenti. Ci furono altri scontri a fuoco, altri giovani morirono.
Nel corso di una delle operazioni tedesche, l’11 maggio, Telma fu catturata e portata in carcere a Rieti, dove cominciarono ad interrogarla: «Mi promettevano _ raccontò anni dopo _ la libertà se io avessi riferito dove si trovavano mio marito Gildo e gli altri uomini del suo battaglione. Ma non parlai. Finché un giorno uno dei carcerieri aprì la porta della cella e annunciò che Telma Marcucci doveva farsi avanti. L’avrebbero liberata. Al posto mio si alzò in piedi una giovane incinta che così trovò il modo di uscire di galera».
Purtroppo era però un tranello, e quella ragazza fu fucilata a nome di Telma al tiro a segno di Rieti.
E così, qualche giorno dopo Gildo seppe che sua moglie Telma era stata passata per le armi. Tenendosi dentro un grande dolore, continuò a combattere. Fu proprio in quel periodo che ebbe affidato il nuovo incarico di vice comandante della brigata Gramsci. Partecipò a diverse azioni.
La vita in montagna la si portava avanti così come si poteva, cercando di sfuggire ai rastrellamenti, organizzando la guerriglia contro i nazifascisti, dandosi da fare per procurarsi il cibo, organizzando quello che era un vero e proprio esercito.
Il 14 giugno i partigiani della Gramsci entrarono a Terni; la guerra, quella combattuta col mitra in mano, era finita. C’era di che star contenti. Non Gildo cui mancava sua moglie. Come l’avrebbe spiegato alla loro bambina di pochi anni, rimasta a casa coi nonni?
Poi la sorpresa: Gildo pensò che i suoi occhi lo stessero gabbando, ma quella donna che gli correva incontro pareva proprio lei, Telma. Era proprio lei, sua che aveva pianto per morta era lì e lo abbracciava. Telma era arrivata a Terni proprio quel giorno da Rieti, dove tutti i prigionieri dei tedeschi erano riusciti a riconquistare la libertà. Aveva percorso 35 chilometri a piedi, ma era lì, col marito e la loro figlioletta.
Cominciò una nuova vita. In quella casa colonica di San Rocco dove Telma e Gildo aprirono la trattoria. Negli anni successivi dei loro trascorsi pochi sapevano tra i tanti che andavano in trattoria. Loro, Telma e Gildo li conoscevano perché da loro si stava bene, si mangiava meglio e si spendeva poco. E ai titolari della trattoria “Da Gildo”, bastava questo per essere sereni.
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