Perugia 1958: imputato si taglia le vene in udienza, ma lo condannano lo stesso

“Voi ce l’avete proprio con me!” gridò l’imputato rivolto ai giudici del Tribunale di Perugia. Poi cominciò a contorcersi, facendo movimenti che sembravano incontrollati: invece stava cercando di tagliarsi le vene dei polsi.

Le sue grida contro i giudici, a volume sempre più alto, lasciarono per un attimo interdetti tutti i presenti, ma poi, visto il sangue che gli colava sulle mani, gli agenti lo bloccarono subito.

Succedeva nell’aula del tribunale perugino il 24 marzo del 1958. L’imputato, Davide D’Ambrosio, era accusato di oltraggio a pubblico ufficiale. Era un tipo nervoso che era solito inalberarsi subito, così come accadde – appunto – quella mattina quando dette in escandescenze lanciano invettive contro i giudici. Andava probabilmente in cerca di clamore. Infatti lì, dentro l’aula, fu possibile bloccare l’emorragia: i tagli non erano granché gravi. Comunque lo allontanarono dall’aula e lo accompagnarono in carcere dove fu ricoverato all’infermieria, mentre il procedimento a suo carico continuava conludendosi con la condanna dell’uomo a quattro mesi di reclusione.

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