L’8 gennaio 1968 morì Piero Pastore, il protagonista del film “Acciaio” voluto dal regime fascista per magnificare la modernità dell’industria nazionale, girato ed ambientato alle acciaierie di Terni.
Un personaggio, Pastore: attore, sì, ma come “secondo lavoro”. Negli anni Trenta del secolo scorso più che altro era conosciuto come calciatore di successo: centrattacco, era stato per qualche campionato il bomber della Juventus, poi era passato, al Milan, da qui alla Roma e poi alla Lazio, al Perugia. Nel campionato 1932-33, aveva un po’ di tempo in più a disposizione per fare l’attore in quanto per una contestazione legale, dovette aspettare qualche mese prima di vestire la maglia giallorossa.
Aveva già recitato in altri film. “Il centrattacco che piace a Hollywood” lo chiamavano, e c’era un fondo di verità.
Il rapporto tra il calciatore ed il cimema cominciò nel 1928, quando Pastore, con il Brescia, andò negli Stati Uniti per una tournée calcistica. Fu a New York che qualcuno notò la somiglianza con Rodolfo Valentino, il divo scomparso un paio di anni prima e gli fu proposto di entrare nel mondo del cinema. Nel 1929 il debutto nel film “Ragazze non scherzate” del regista danese Alfred Lind.
Piero Pastore continuò a giocare fino al 1937. Dopo aver lasciato il calcio agonistico si impegnò a tempo pieno nel cinema collezionando decine di partecipazioni a film di registi come Rossellini, Zampa, Comencini, Camerini, Mastrocinque, Mattoli, Steno e al fianco di attori come Cervi, Sordi, Macario, Totò, Kirk Douglas e Gassmann. Ebbe parti anche nei celebri “Vacanze romane” (1953), Pane, amore e gelosia (1954), “Signori si nasce” (1960), “Barabba” (1961).