Settimana Rossa, 38 operai ternani davanti ai giudici


settimana rossa

Il 5 novembre 1914 ebbe inizio al Tribunale di Spoleto il processo contro 38 operai ternani. Erano imputati per i disordini che si erano verificati nel giugno di quello stesso anno, durante le proteste della Settimana Rossa. I fatti sono conosciuti: ad Ancona due manifestanti durante un comizio a favore della liberazione di due anarchici, incarcerato l’uno e rinchiuso l’altro in manicomio per essersi opposti alla guerra di Libia, erano stati uccisi dai carabinieri. E si avviò la rivolta che si allargò a macchia d’olio in tutta Italia. Una vera e propria insurrezione che scoppiò il 7 giugno 1914 e si concluse una settimana dopo, il 14 giugno, con un bilancio pesante: 16 morti e seicento feriti tra i dimostranti,  e di un morto tra le forze dell’ordine.
A Terni si tennero tre giorni di sciopero generale, a partire dall’11 giugno, quando nessun operaio entrò in fabbrica, le scuole restarono chiuse, così come i negozi che esponevano sulle saracinesche abbassate la scritta “Lutto Operaio”. Un comizio radunò in piazza circa cinquemila lavoratori: “Parlarono Moretti e Colasanti per i socialisti, Pace per la Camera del Lavoro, Marchi per i mazziniani – riferiva l’Avanti! – ed altri oratori. Salvo qualche lieve incidente insignificante  tutto è proceduto bene e la manifestazione di protesta è riuscita solenne”.
Gli scioperanti dovettero comunque imporsi per far esporre dal Comune la bandiera abbrunata.

Sciopero anche nei paesi del circondario ternano, a Spoleto, a Perugia, dove parlò l’avvocato Sbaraglini, e a Narni , con un affollato comizio di Campagnani, repubblicano, Molinelli, socialista e del sindacalista Caldari. Si aspettavano informazioni da Roma per sapere come andare avanti con la protesta, ma al terzo giorno lo sciopero su sospeso e a Terni dove si aspettavano invece decisioni di tipo opposto, scoppiarono disordini alla stazione ferroviaria. Furono interrotte le linee telegrafiche e furono rovesciati due vagoni di traverso sui binari allo scopo di non far transitare i treni della Roma- Ancona. Le forze dell’ordine intervennero con decisione e nacquero alcuni scontri. Ci furono diversi contusi e feriti sia tra le fila degli operai che tra quelle delle forze dell’ordine. Otto furono gli arrestati e trenta i denunciati che, quella mattina del 5 novembre 1914, comparvero davanti al Tribunale. Gli operai arrestati erano ancora in stato di detenzione quando si avviò il processo. Ma ancora, per loro, la faccenda sarebbe durata per molto tempo. All’apertura dell’udienza: il difensore, l’avvocato Laureti, sollevò infatti una questione in merito all’interpretazione dell’articolo 180 del codice penale, adombrando corresponsabilità delle autorità in quanto non avevano informato i loro superiori dei disordini in tempo utile per organizzarsi e tenere sotto la controllo la situazione. La tesi dell’avvocato Laureti, dopo due ore di riunione in camera di consiglio, fu accolta per cui il Tribunale trasferì gli atti del processo alla Corte d’Assise che diventava a quel punto competente.
Si aspettava quindi l’avvio del procedimento presso la Corte d’Assise quando, passato quasi un mese, il 3 dicembre 1914 la Cassazione stabiliva che la competenza era comunque del Tribunale, a cui si ordinava di trasferire nuovamente gli atti.
Il Tribunale rinviò tutto a nuovo ruolo. Non si sa, perché i quotidiani al tempo non lo riferirono, se  anche gli operai incarcerati potettero tornare a casa, né si sa se quel processo, poi, si fece mai.

/ 5
Grazie per aver votato!