Spaghetti “espressi”: idea geniale ma fu un naufragio

L’idea sembrava davvero geniale e rivoluzionaria: un distributore automatico da piazzare agli angoli delle strade, nelle stazioni ferroviarie, magari negli uffici. Embé? – si dirà – ce ne sono a decine. La particolarità è, però, che quel distributore non dispensava caffè e cappuccini. E nemmeno bibite fresche. Spaghetti: bastava inserire una moneta, et voilà, in sessanta secondi ti trovavi in mano un piatto di spaghetti fumanti. Pigiando uno dei testi si poteva anche scegliere il tipo di condimento: pomodoro, amatriciana, cacio e pepe.
La macchina si chiamava «Quick spaghetti chef». L’idea era venuta ad un imprenditore ternano noto per l’intraprendenza e il coraggio, il quale era titolare, tra l’altro, di un’impresa di costruzioni e montaggi. Il mercato cui si guardava con maggiore interesse? Ma quello arabo ovviamente. Era il1985, e gli arabi erano considerati sempre e comunque tutti ricchi sfondati per via del petrolio.
Non si stette con le mani in mano. I contatti furono allacciati, seriamente. E -sembrava – anche con successo. Le previsioni erano perciò rosee. Già si era andati un bel pezzo avanti coll’allestimento della fabbrica delle macchinette distributrici del prodotto che nel mondo è sinonimo (a volte negativo) dell’Italia: gli spaghetti.
Le più rosee previsioni divennero concretezza quando un principe saudita, tal Khalid Yazid al Saud, atterrò col suo aereo personale all’aeroporto di Sant’Egidio. Arrivava proprio allo scopo di prendere contatti per la fornitura di macchinette: voleva vedere con i suoi occhi tanta meraviglia della tecnica. Era un’occasione per l’economia umbra. E non a caso a ricevere il principe si recarono a Sant’Egidio rappresentanti della giunta regionale e di altre istituzioni locali.
Il principe era, a suo volta, accompagnato da due ministri egiziani, da un ministro saudita e dal suo avvocato e consigliere economico. La delegazione araba, tra scorte e salamelecchi, raggiunse Acquasparta, per visitare la sede dello stabilimento che costruiva e assemblava i distributori di spaghetti, e quindi incontrò il sindaco di Terni. Il principe si disse così bene impressionato che, trascinato dall’entusiasmo, oltre alle macchinette per la pastasciutta ordinò anche prefabbricati per un valore di 700 miliardi di lire.
Esibitosi in un migliaio di strette di mano il principe, il consigliere economico ed i tre ministri che erano con lui, tornarono a Sant’Egidio e si imbarcarono per recarsi a Londra.
Come finì? «Ma quale principe? Ma quali ministri? Chissà da dove venivano quelli. I contatti proseguirono ma i contratti non si firmavano mai – raccontò anni dopo l’imprenditore ternano – finché mi dettero appuntamento a Londra in un grande albergo per perfezionare il tutto. Il cosiddetto principe mi salutò non appena varcai la porta d’ingresso, poi disse che doveva salire un attimo nella sua suite. Ci sedemmo nella hall ad aspettarlo. Dopo due ore decidemmo di salire pure noi. Gli era presa una sincope: era morto stecchito».
Addio sogni di gloria.
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