Terni, 1963: il Comune entra nel business delle farmacie

farmacia

Il consiglio comunale di Terni, quel 4 dicembre 1963, si era aperto con un minuto di silenzio in ricordo
di John Kennedy, assassinato pochi giorni prima. Poi, dichiarata eleggibile Anna Lizzi Custodi che nell’assemblea prendeva il posto del dimissionario Giovanni Grassi, si passò al primo punto all’ordine del giorno: l’Istituzione dell’Azienda Farmaceutica municipalizzata.
Il Comune di Terni, sollecitato ad un riordino del sistema delle farmacie cittadine, aveva deciso di intervenire in proprio, aprendo due punti vendita: a piazza Dalmazia e al quartiere San Giovanni.
La questione animava da tempo la discussione nelle sedi politico-amministrative cittadine.

Ovidio Laureti

Ovidio Laureti, l’assessore “al ramo”, illustrò i motivi della scelta. «Aprendo le due farmacie
– sostenne – l’amministrazione comunale non soltanto potrà svolgere un’azione calmieratrice, come è nelle sue principali previsioni, ma potrà altresì svolgere il servizio farmaceutico gratuito per i 1.688 poveri assistiti e per i quali si spendono, in medicinali, oltre sedici milioni di lire l’anno». Aggiunse che le farmacie comunali
avrebbero potuto «acquisire come clienti gli assistiti Inadel che solo per i medicinali ha una spesa annua di venti milioni». Un’entrata garantita ed iI guadagno, per l’Azienda farmaceutica, già c’era. Cresciuta la popolazione – spiegò Laureti – i farmacisti privati hanno chiesto l’aumento dei punti vendita. Lo spazio di mercato, quindi c’era. e ciò significava che l’iniziativa del Comune era destinata ad avere un risconto positivo nel bilancio dell’ente.
Le opposizioni avanzarono alcuni dubbi. Il Pri, col consigliere Quirino Bellezza, e la Dc, con Renato Rinaldi, criticarono il fatto che le due nuove farmacie sarebbero state aperte in zone già servite; il consigliere del Msi, Marcello Pazzaglia puntò invece il dito sui compensi previsti per il personale «che – disse –  non sono rispondenti alla realtà, in quanto i farmacisti chiedono stipendi superiori alle tabelle sindacali in vigore». E c’era chi si chiedeva «se l’amministrazione comunale, con la sua gestione, sarebbe stata capace di realizzare i forti guadagni che riescono ad assicurarsi i farmacisti privati».
Qualcuno di quei nodi, col passare degli anni, è in verità arrivato al pettine, ma allora tutto passò in secondo piano in considerazione del fatto che, se non subito, molto presto l’Afm avrebbe prodotto vantaggi sul piano sociale quantp agendp come freno «alla speculazione dei farmacisti privati», tanto più che – specificò nel suo intervento il sindaco Ezio Ottaviani – il servizio delle farmacie municipalizzate, dopo un avvio economicamente valido (le farmacie in piazza Dalmazia e quartiere San Giovanni), sarebbe stato esteso a tutto il territorio comunale. Ma bisognava far presto a decidere – aggiunse Ottaviani – perché i privati premevano per aprire, loro, quei punti vendita”. In merito alla scelta dei luoghi di apertura delle due nuve farmacia non mancarono le difficoltà e prima di apporvare il progetto il Comune di Terni dovette attendere l’esito di un ricorso avanzato al Consiglio di Stato, il quale lo accolse, contro l‘imposizione del medico provinciale. Il responsabile per la sanità aveva infatti posto il veto all’apertura di una farmacia nel popoloso quartiere di San Giovanni ed aveva invece imposto che la si aprisse nella frazione di Marmore.

Dopo l’intervento del sindaco Ottaviani, comunque, Nicola Molè, consigliere di opposizione sui banchi della Dc, chiese la sospensione della seduta per cercare un accordo tra i capigruppo, e dopo pochi minuti si votò. I contrari furono solo tre: Alberto Coppo, Marcello Pazzaglia ed Ermanno Donatelli. Tutti gli altri dissero di sì. E nacque l’Afm.

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Le organizzazioni sindacali ternane Filcams Cgil e Uiltucs Uil tornano a ribadire con forza tutta la propria contrarietà all’ipotesi di vendita delle farmacie comunali di Terni. Tre i motivi principali.

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