1904: aerostato precipita a Piediluco ferito un tenente, muore d’infarto il soccorritore

Il tenente Giuseppe Arciprete

Testimoni dell’accaduto furono alcuni cantonieri delle ferrovie che stavano lavorando lungo la linea tra le stazioni di Piediluco e Greccio: “Un pallone aerostatico è scoppiato – raccontarono –  sarà stato ad un’altezza di mille metri. Ha cominciato a scendere, prima lentamente poi sempre più veloce mentre un uomo si aggrappava a una fune”. Erano all’incirca le cinque di pomeriggio del 18 agosto 1904.

L’aerostato cadde non molto distante dal punto in cui stavano lavorando. Accorsero. Trovarono vicino al pallone un ufficiale, un tenente: il volto coperto di sangue per un taglio alla testa, un piede incastrato tra i rottami della navicella. Era svenuto. Lo soccorsero alla bell’e meglio e dettero l’allarme alla stazione di Piediluco. Il capostazione si attivò subito: avvertì a Terni di quanto era successo, poi organizzò i soccorsi, raggiungendo di corsa il punto dell’incidente. Fu approntato un carrello ferroviario su cui si adagiò il ferito, che, percorrendo la linea ferrata raggiunse Terni. Dalla stazione all’ospedale, e il ferito ebbe le prime cure.

Si trattava del tenente Giuseppe Arciprete del Parco aerostatico del Genio Militare di Roma, 28 anni, napoletano. Era partito a mezzogiorno dalla Caserma Cavour ai Prati di Castello. Doveva compiere rilevazioni meteo. Sul pallone aerostatico era da solo, spiegò in ospedale dove riprese conoscenza. La ferita alla testa non era preoccupante, mentre il piede destro aveva subito una lussazione.

Intanto, da Terni, il tenente dei carabinieri Carlo Mori e il tenente di artiglieria Giletta con il carabiniere Bertini andarono a Piediluco per procedere ai rilievi dell’incidente ed accertarsi che davvero, Arciprete, fosse stato solo sulla navicella.

Nessuno era stato fino ad allora informato della morte del capostazione di Piediluco, signor Proferisci: per la concitazione nell’organizzare i soccorsi e per la faticosa corsa verso il punto dell’incidente, si era dopo un paio d’ore sentito male. Un attacco di cuore se lo portò via durante la notte.

Intanto il tenente Arciprete aveva ripreso i sensi. La mattina gli fece visita il suo superiore, tenente colonnello Borgatti giunto a Terni col diretto della notte insieme al tenente Crocco.  Borgatti non ha potuto interrogare l’infermo sulle cause dell’incidente ma esaminato il pallone ha constatato che questo era in condizioni normali. Due le ipotesi secondo il comandante: forse l’aeronauta scorgendo un imminente temporale aveva deciso si scendere a Piediluco, ma aveva aperto le valvole a poca distanza dal suolo  tirando una fune che causava uno strappo del pallone che permetteva immediatamente l’uscita del gas, per cui la caduta anziché lenta fu precipitosa. Oppure Arciprete aveva compiuta una di quelle imprudenze che la grande familiarità con certi difficili esercizi rende talvolta inevitabili, cioè che per la fretta di compiere la discesa avesse tirato la funicella prima di aprire le valvole.

Lui, Arciprete, comunque raccontò che giunto sopra Monte Maggio decise di atterrare, dato che i rilievi erano stati effettuati ed era già salito fin oltre tremila metri. Gli era sembrato di essere vicino a terra, e aveva dato alcuni colpi di valvola. Si era accorto all’improvviso di una rapidissima fuga di gas.

Intanto la notizia dell’accaduto aveva avuto larga diffusione anche perchéé il tenete Arciprete era considerato un asso dell’aeronautica che allora era anche una disciplina sportiva vera e propria cn gare che si disputavano in tutta Europa. All’ospedale si recò a fargli visita il generale Besozzi, comandante di corpo d’armata, lo stesso che – saputo del decesso del capostazione di Piediluco – ordinò che tutti gli ufficiali del presidio partecipassero solennemente ai funerali.

/ 5
Grazie per aver votato!