Pietro Papalato era in galera a Roma, ma per gli ultimi dieci anni decisero che andava bene anche il carcere di Spoleto, allora ospitato nella Rocca Albornoz. La data del trasferimento fu quella del 5 settembre 1886. Il treno su cui viaggiava scortato e ammanettato era appena partito da Terni, ormai mancava poco all’arrivo a destinazione. Solo che il treno, dovendo affrontare un tratto in salita, subito dopo la stazione di Giuncano doveva rallentare. Lui sfruttò l’occasione e si gettò dal finestrino. Andò giù di testa rimanendo esanime mentre il treno si allontanava. I gendarmi di scorta si sporsero dal finestrino e lo videro bocconi, immobile. Non si preoccuparono più di tanto: a loro giudizio o era morto per la gran capocciata data per terra o quanto meno era ridotto piuttosto male. Arrivati a Spoleto telegrafarono a Terni ed avvisarono: andate in tale posto e troverete uno per terra: voleva scappare e si è buttato giù dal finestrino, ma se non si è ammazzato poco ci manca.
Invece non era così. Quando ispezionarono quel tratto di linea i gendarmi non trovarono nessuno. Papalato era sparito e ancora lo cercano. Ha avuto ragione lui: 17 anni di lavori forzati potevano bastare.