Cent’anni fa come oggi: dopo le elezioni del 1923 “l’Umbria rossa non esiste più”

I FASCISTI E LA DESTRA SBARAGLIANO I SOCIALISTI ALLE ELEZIONI AMMINISTRATIVE

Cent’anni, quasi. E la storia si ripete. dopo le elezioni amministrative di gennaio 1923 i commenti erano unanimi e trionfali: “Quella che due anni fa era chiamata l’Umbria rossa, è tornata ad essere una regione italianissima. I socialisti non hanno dato segno di vita: soltanto i Popolari sono scesi in lotta in qualche municipio guadagnando le minoranze”.

Il 22 gennaio 1923 furono resi noti i risultati delle elezioni che in Umbria (e non solo) interessarono quei Comuni che nel 1920 avevano registrato la sonante vittoria dei socialisti che li avevano governati fino alla fine del 1922, quando – dopola marcia su Roma – furono sciolti. Le elezioni si svolsero il 21 ed il 18 gennaio ed il 22 furono resi noti i risultati relativi ala prima tornata che aveva visto recarsi alle urne i cittadini di Perugia, Terni, Spoleto, Città di Castello, Gubbio, Gualdo Tadino, Nocera e altri paesi minori.  Si elesse, ovviamente, anche il consiglio provinciale di Perugia che all’epoca riuniva tutta l’Umbria ed il Reatino.

“Tutte le amministrazioni, già tenute dai socialisti, sono state rivendicate dai partiti nazionali”, scrivevanno i quotidiani del tempo. Il sistema elettorale era il maggioritario: da una parte la sinistra – già allora divisa da mille polemiche – e i pariti nazionali, ossia Liberale e Fascista innanzitutto. “A Perugia – si legge nelle cronache del 22 gennaio – i fascisti senza opposizione, guadagnano la maggioranza e la minoranza con una rappresentanza di liberali, dii nazionalisti, e di democratici”.

Si sottolineava il fatto che nonostante una giornata freddissima e una nevicata che era durata per tutta la notte, l’affluenza alle urne era stata maggiore in campagna che nelle città. Una sezione di campagna – che non viene menzionata – registrò la più alta percentuale di votanti: il 97%. Un solo incidente era segnalato: durante le operazioni di voto a Castiglione della Valle alcuni individui armati di bastoni ruoppero due urne. Che erano evidentemente di vetro se si racconta che “alcune schegge di vetro – appunto – ferirono leggermente il presidente del seggio”.

Una settimana dopo si votò nei comuni di Orvieto, Foligno, Rieti, Todi, Città della Pieve, Amelia, Spello, Poggio Mirteto, Assisi, Bevagna, Norcia, Umbertide, Montone, Baschi, Piegaro, Cascia e Contigliano. “Le liste fasciste rafforzate dalle candidature dei partiti nazionali hanno avuto ovunque i posti di maggioranza ed in alcuni Comuni anche la minoranza”, recitavano i resoconti giornalistici. Si calcolava che aveva votato il 75% degli iscritti alle liste elettorali, col record di Alviano dove avevano votato proprio tutti. Invece a Poggio Mojano, nel reatino, non votò nessuno, sembra per beghe locali. La maggiore affluenza era quella registrata nell’Orvietano.

Il nuovo consiglio provinciale di Perugia risultò composto di 50 fascisti e 10 rappresentanti degli altri partiti nazionali.

A Terni divenne sindaco Mariano Cittadini, a Perugia Oscar Uccelli. Presidente della Provincia (o più esattamente della Deputazione Provinciale) fu Felice Felicioni, segretario del fascio perugino.

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