Zelinda, 24 anni, era una delle ragazze più belle a Gubbio. Si innamorò di un uomo di 35 anni, un possidente eugubino – Crescentino Procacci – che non se la lasciò scappare. Zelinda rimase incinta e dette alla luce una bambina. Scapolo, Procacci avrebbe potuto sposarla ma da quell’orecchio non ci volle sentire e, anzi, abbandonò sia la ragazza che la bambina.
Il 12 novembre 1908 la piccola aveva già dieci mesi. Zelinda si decise a far qualcosa, ma di clamoroso: prese una rivoltella ed affrontò l’uomo. Gli chiese per l’ennesima volta di sposarla, di regolarizzare la posizione sua e della bambina, ma Procacci negò. Zelinda estrasse dalla borsa un revolver e fece fuoco: tre volte sparò al petto dell’uomo. Le pallottole erano troppo vecchie, non funzionarono. Invece che sparì si sentirono tre clicic a vuoto. A quel punto Procacci aggredì la giovane e la buttò in terra con uno spintone. Cominciando poi a picchiarla. Ma con Zelinda si era mossa pure la madre che in difesa della figlia accorse, raccolse una pietra e la dette in testa all’uomo che stramazzò, privo di sensi. Zelinda, fiera fino all’ultimo, si costituì ai carabinieri presentandosi in caserma dove fu trattenuta in arresto e denunciata.